Ritratto incompiuto del padre

Jean Sénac 
Ritratto incompiuto del padre 
Per finire con l’infanzia

a cura di Ilaria Guidantoni 

    • Copertina flessibile 242 pagine
    • Editore:Oltre Edizioni (12 ottobre 2017)
    • Collana:Oltre confine
    • Formato13 x 20, copertina morbida con risvolti
    • Lingua:Italiano
    • ISBN-10:8899932166
    • ISBN-13:978-8899932169
    Eur 16,00

Link d’acquisto: https://www.amazon.it/Ritratto-incompiuto-del-padre-linfanzia-ebook/dp/B079DHDL5N/ref=sr_1_1?s=digital-text&ie=UTF8&qid=1526186476&sr=1-1&keywords=ritratto+incompiuto+del+padre&dpID=41JxAZaDj2L&preST=_SY445_QL70_&dpSrc=srch

 

 

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Sénac è stato un uomo senza mediazione, ferocemente dalla parte della rivoluzione, sposò la causa algerina senza condizioni. Per lui la poesia era rivoluzione allo stato puro.
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Ritratto incompiuto del padre (Ebauche du père), Sénac lo immaginava come creazione di lungo respiro, che doveva essere composta da più volumi, nutrita da tutto quello che aveva modellato la sua sensibilità, forgiato il suo essere dolente, appassionato, assetato di tenerezza e di assoluto: da Orano, la città della sua infanzia, alla patria di Lorca della quale portava le scottature del cuore; dalle amicizie illuminanti ai fragili e occasionali, quanto rischiosi, incontri del desiderio; da sua madre, eccessiva nei gesti come nei sentimenti, per quanto silenziosa sull’assenza del padre, a Camus che chiamava hijo mio (figlio mio).

Quale che fosse il suo desiderio, Sénac si fermò al primo volume, Per finire con l’infanzia (Pour en finir avec l’enfance) che, cominciato nel febbraio 1959, non fu completato che nell’ottobre 1962, data del ritorno del poeta nel suo paese natale nuovamente indipendente. Non possiamo dubitare che la stesura di questo libro sia stata per Jean Sénac un’avventura piena di incertezze, un assillo, una sofferenza. Non che abbia incontrato qualche difficoltà nello scrivere – la ricchezza della sua immaginazione e la vivacità della sua penna erano sempre uguali – ma, diviso tra la poesia, le preoccupazioni di ordine materiale, il suo impegno politico e il desiderio turbolento, non trovava né il tempo né la concentrazione necessari per portare a termine il suo romanzo, assimilato talvolta a un «pedinamento mostruoso» o a un «oceano di disordine».

 

Jean  Sénac

Jean Sénac (Béni Saf 1926 – Algeri 1973) è il Pasolini algerino, un caso giudiziario irrisolto, anzi dimenticato: in Algeria come in Francia, mai arrivato in Italia. Oggi ci appare in tutta la sua attualità per quella lacerazione senza soluzione e la voglia di oltrepassare ogni definizione, insieme all’accoglienza della diversità tremendamente contemporanea: dalla sessualità alla religiosità, aperta al paganesimo e all’ateismo.
Si considerava “fratello di sangue” dei berberi, algerino, arabo, ebreo e cristiano ad un tempo, con il senso acuto del peccato e l’irresistibile pulsione alla trasgressione. Francese solo nel nome di un padre odiato e nella sola lingua che usò. Soprattutto poeta, ma anche romanziere incompiuto e critico d’arte, sognava una società aperta. Ebbe una lunga corrispondenza intima con Camus, poi una rottura tragica. Sénac è stato infatti un uomo senza mediazione, ferocemente dalla parte della rivoluzione, sposò la causa algerina senza condizioni. Per lui la poesia era rivoluzione allo stato puro.
Perennemente alla ricerca del padre mancante e in lotta con la madre, l’ape operosa notturna, tenera e feroce ad un tempo.