Dall’oblio più lontano

Dall’oblio più lontano
Patrick Modiano

 

Traduttore: Emanuelle Caillat
Editore: Einaudi
EAN: 9788858427088
Pagine della versione a stampa: 152 p.
€ 8,99

 

Un ragazzo senza nome
Una coppia che vive di giocate nei casinò
Libri scritti, venduti e uno strano oblio…

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SINOSSI

Parigi, primi anni Sessanta. Un ragazzo senza nome conduce una vita provvisoria, vendendo vecchi libri e alloggiando negli alberghi del quartiere latino. Un giorno, in place Saint-Michel, incontra per puro caso un uomo e una donna, Gérard Van Bever e Jacqueline, apparentemente venuti dal nulla come lui, che vivono di giocate vincenti nei casinò di provincia e di affari poco chiari, risparmiando per il miraggio di una fuga a Maiorca. Il narratore resta subito irretito da Jacqueline, creatura stregata e indifferente, drogata di etere e chiusa in un segreto inaccessibile. Così si accompagna alla coppia per qualche tempo, lasciandosi trascinare senza opporre resistenza e sfiorando altri personaggi di quell’orbita misteriosa e malinconica. Poi, dopo che Jacqueline l’ha convinto a rubare del denaro a uno di questi conoscenti, decidono di scappare insieme a Londra, loro due soli. Ma una notte, nella città variopinta e eccitante dove hanno vissuto insieme e lui ha cominciato a scrivere, lei non torna a casa. Di passaggio a Parigi, quindici anni dopo, il narratore diventato scrittore riconosce il suo viso in quello di una donna che ora si chiama Thérèse… Chi era Jacqueline, e chi è diventata? Chi era lui stesso? Che significato ha avuto il loro incontro? Quali meccanismi incomprensibili muovono il ricordo e l’oblio degli umani, isolando in un bagliore senza spiegazione solo alcuni istanti delle nostre vite?

 

Patrick Modiano aggiunge un altro prezioso tassello alla sua indagine sulla memoria: ancora una volta, racconta le tracce luminose e enigmatiche lasciate dagli uomini e dalle donne attraverso il tempo, e la necessità della letteratura di seguire quelle scie.

 

UN ESTRATTO

Lei era di altezza media, e lui, Gérard Van Bever, leggermente piú basso. La sera del nostro primo incontro, durante quell’inverno di trent’anni fa, li avevo accompagnati fino a un albergo di quai de la Tournelle e mi ero ritrovato nella loro camera. Due letti, uno vicino alla porta, l’altro sotto la finestra. Che non dava sul lungosenna e mi pare fosse un abbaino.
Avevo notato che la camera era in ordine. I letti erano fatti. Niente valigie. Niente vestiti. Soltanto una grossa sveglia su uno dei comodini. Ma, nonostante la sveglia, sembrava che vivessero lí da clandestini, evitando di lasciare tracce della loro presenza. Quella prima sera, comunque, eravamo rimasti nella camera solo un minuto, giusto il tempo di depositarvi alcuni volumi d’arte che non ero riuscito a vendere a un libraio di place Saint-Michel e che mi ero stancato di portarmi dietro.
Ed era stato proprio in place Saint-Michel che mi avevano avvicinato, nel tardo pomeriggio, in mezzo al fiume di persone che scendevano giú nel metrò e di quelle che, in senso inverso, risalivano il boulevard. Mi avevano chiesto dove trovare un ufficio postale nelle vicinanze. Temevo che le mie spiegazioni risultassero troppo vaghe, perché non sono mai riuscito a indicare il percorso piú breve fra due punti. E cosí avevo preferito accompagnarli io stesso fino alla posta dell’Odéon. Lungo il tragitto lei si era fermata in un bar tabacchi e aveva comprato tre francobolli. Li aveva incollati su una busta dove ero riuscito a leggere «Maiorca».
Aveva imbucato la lettera in una delle cassette, senza controllare che fosse proprio quella con indicato «Estero – Posta aerea». Eravamo tornati sui nostri passi verso place Saint-Michel e il lungosenna. Si era preoccupata nel vedermi trasportare i libri, perché «dovevano essere pesanti». Poi aveva detto a Gérard Van Bever, in tono secco:
– Potresti aiutarlo.
Lui mi aveva sorriso e aveva preso uno dei libri – il piú grosso – sottobraccio.
Nella loro camera in quai de la Tournelle avevo appoggiato i libri ai piedi del comodino, quello con la sveglia. Non si sentiva alcun ticchettio. Le lancette segnavano le tre. Una macchia sul cuscino. Chinandomi per appoggiare i libri, avevo avvertito un odore di etere aleggiare sul cuscino e sul letto. Lei mi aveva sfiorato con il braccio e aveva acceso la lampada del comodino.
Avevamo cenato accanto al loro albergo in un caffè del lungosenna. Avevamo ordinato soltanto il secondo. Van Bever aveva pagato il conto. Quella sera io non avevo soldi e Van Bever credeva che gli mancassero cinque franchi. Si era frugato nelle tasche del cappotto e della giacca e alla fine era riuscito a racimolare la cifra in monetine. Lei lo lasciava fare e lo fissava con sguardo distratto fumando una sigaretta. Ci aveva dato la sua porzione da dividere e si era accontentata di piluccare dal piatto di Van Bever. Si era girata verso di me e mi aveva detto con la sua voce un po’ roca:
– La prossima volta andremo in un vero ristorante…
Piú tardi noi due eravamo rimasti davanti all’ingresso dell’albergo mentre Van Bever saliva in camera a prendermi i libri. Avevo rotto il silenzio chiedendole se abitassero lí da tempo e se arrivassero dalla provincia o dall’estero. No, venivano dai dintorni di Parigi. Abitavano qui già da un paio di mesi. Ecco tutto ciò che mi aveva detto quella sera. E il suo nome: Jacqueline.
Van Bever ci aveva raggiunti e mi aveva restituito i libri. Voleva sapere se il giorno dopo avrei tentato ancora di venderli, e se quel genere di commercio fosse redditizio. Mi avevano detto che ci saremmo potuti rivedere. Non era facile fissarmi un appuntamento a un’ora precisa, ma erano spesso in un caffè all’angolo di rue Dante.
A volte ci ritorno in sogno. L’altra notte ero in rue Dante, abbagliato da un tramonto di febbraio. Dopo tanto tempo la via non era affatto cambiata.
Mi sono fermato davanti alla veranda del caffè e ho guardato il bancone, il flipper e i pochi tavolini disposti come attorno a una pista da ballo.
Quando sono arrivato in mezzo alla via il grande palazzo di fronte, in boulevard Saint-Germain, vi proiettava la sua ombra. Ma dietro di me il marciapiede era ancora al sole.
Al risveglio il periodo della mia vita in cui avevo conosciuto Jacqueline mi è apparso nello stesso contrasto di ombra e luce. Vie livide, invernali, e anche il sole che filtra attraverso le persiane.

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Patrick Modiano

Scrittore francese, Premio Nobel per la Letteratura 2014.
Figlio di un ebreo francese di origini italiane e di un’attrice belga di etnia fiamminga. Studia in Haute-Savoie, e successivamente in un liceo parigino dove avrà come insegnante di Geometria Raymond Queneau. L’autore di Zazie nel metrò e de I fiori blu è amico della madre di Patrick, e diverrà anche suo amico. Introdotto da Queneau al mondo delle lettere, Modiano incontra l’editore Gallimard, che nel 1967 pubblicherà il suo primo romanzo, La Place de l’Etoile.
Grazie a quella prima prova, il giovane scrittore si aggiudica il Premio Roger Nimier. All’attività di narratore affianca quella di documentarista (lavorerà per Carlo Ponti) e di paroliere (per Françoise Hardy, che sarà per qualche tempo la sua compagna). Scrive anche sceneggiature per il cinema, e fra i registi coi quali collabora si contano Louis Malle e Patrice Leconte.
I suoi romanzi sono spesso ambientati nella Parigi occupata dai nazisti e si strutturano attorno al tema dell’altro, dello sconosciuto.
Modiano attinge questa vena dalla vicenda piena di ombre del padre.
Questi era un ebreo, vittima del Nazismo, che si dimostrò disposto a compromessi terribili per sopravvivere: sfuggì alla deportazione grazie a potenti amicizie collaborazioniste.
Nel 1978 il romanzo Rue des boutiques obscures gli assicura il Premio Goncourt.
Negli anni successivi approfondirà i temi a lui cari e affinerà la propria poetica grazie a una serie di romanzi dedicati a figure femminili che sono vissute durante gli anni bui della guerra, e alle cui vite dimenticate egli cerca di offrire il risarcimento della memoria.
A questo filone appartengono Dora Bruder e Des inconnues, rispettivamente del 1996 e del 1999. In Italia ha pubblicato, tra gli altri, Sconosciute (Einaudi, 2000), Dora Bruder (Guanda, 2004), Bijou (Einaudi, 2005), Un Pedigree (Einaudi, 2006), Nel caffè della gioventù perduta (Einaudi, 2010), Riduzione di pena (Lantana Editore, 2011), Fiori di rovina (Lantana Editore, 2012), L’Orizzonte (Einaudi, 2012), Caterina Certezza (Donzelli, 2014), L’erba delle notti (2014), Perché tu non ti perda nel quartiere (2015), Incidente notturno (2016) e Dall’oblio più lontano (2017).
Lo scrittore francese nel 2012 si aggiudica il Premio Bottari Lattes Grinzane nel 2012 per la sezione La Quercia con Dora Bruder. La sezione è dedicata a Mario Lattes (pittore, editore e scrittore, scomparso nel 2001) e riservata a un’opera di un autore affermato, dimostratasi nel corso del tempo meritevole di apprezzamento di critica e di pubblico. Nel 2014 gli è stato conferito il Premio Nobel per la Letteratura con la seguente motivazione «Per l’arte della memoria con la quale ha evocato il destino umano più inafferrabile e fatto scoprire il mondo vinto sotto l’occupazione».