Immaginare il futuro

 

 

Titolo: Immaginare il futuro
Autore: Claudio Cordella
Editore: Delos Digital
Genere: Saggio
Data di pubblicazione: 3 novembre 2016
Prezzo: 3,99€ ebook
Lunghezza stampa: 276

 

DESCRIZIONE

È un’idea comune che la science-fiction (sci-fi, SF), la fantascienza insomma, si occupi del futuro dell’umanità. Basta fare un veloce excursus tra alcuni maestri del passato, senza dimenticare gli esiti più recenti di questo genere, per rendersi conto che la questione sia assai più complicata di quel che si potrebbe pensare a prima vista. I modi di rapportarsi al tempo, oltre che alle suggestioni offerte dalle scienze storiche, sono assai sfaccettate e vanno al di là della mera tentazione di dar vita ad una lettura profetica. Uno studio che è un invito a riflettere sui preconcetti relativi a questo genere, per poterlo rileggere e ripensare con occhi nuovi.

 

ESTRATTO

«Dunque sia Bradbury che Simak, in base a un ottica anti-industriale e anti-consumistica, mostrano entrambi un tale amore per gli oggetti vecchi, consunti, amati e usati ininterrottamente per generazioni da avvicinarsi a un altro concetto estetico made in Japan, quello del sabi […] Il cha no yu è quello che noi comunemente chiamiamo “cerimonia del tè”, indubbiamente le città marziane, ancora vivibili dopo esser state abbandonate, con antiche suppellettili e libri ancora in ottimo stato dopo secoli, per non parlare dell’amata Casa Webster, fatta con dei materiali naturali come il più tradizionale dei cottage, evocano sentimenti analoghi a quella di un mizutsugi, un bricco per versar l’acqua, con un uso plurisecolare alle spalle. Giustamente, Giuseppe Lippi sottolinea la scoperta bradburyiana della “nostalgia del futuro”: «Coniando quest’espressione, il suo scopritore, Ray Bradbury, voleva indicare il desiderio struggente di una dimensione diversa dalla nostra, un mondo di immaginazione e libertà, di desideri non repressi ma anzi prorompenti. Pochi narratori hanno esplorato quest’altro tempo come Bradbury, che, con un bel rovesciamento, l’ha chiamato “futuro”: in realtà, il suo è un futuro antico, della memoria». Ray nel Paese delle Meraviglie, in Nathan Never presenta: Almanacco della fantascienza 1998, Milano 1998, p. 156. Ecco, siamo dunque di fronte ad un “futuro antico”, più simile al sabi che al feticismo tecnologico per l’hi-tech, entro il quale è più probabile imbattersi nell’equivalente marziano di un vetusto mizutsugi, piuttosto che in un super-computer quantistico. […] Insomma, anche qui niente di più lontano da qualsivoglia slancio profetico e dall’ambizione di voler descriver un futuro che sia pur minimamente probabile. In poche parole, sia Simak e Bradbury hanno tentato di riaccendere il nostro amore per il passato, circondandolo di una soffusa aura di bellezza, auspicando entrambi a un domani nel quale oltre che per il cambiamento ci fosse spazio per la conservazione della memoria, per il cuore oltre che per il cervello, per ciò che è bello e non solo per ciò che è utile. […] In conclusione, volendo potremmo pensare agli anime del sensei Miyazaki, laddove ciò che è semplice e tradizionale, costruito con materiali deperibili e naturali (pietra, legno, cordami) è sempre preferibile rispetto ai mirabolanti prodotti tecno-industriali in leghe metalliche e plastica. A tal proposito, si tenga ben presente l’occhio amorevole con il quale viene reso il villaggio agricolo di High Harbor della serie Mirai shōnen Konan (Conan il ragazzo del futuro) del ’78, una ecotopia verso la quale il regista nipponico mostra tutta la sua simpatia. Un centro abitato costituito da graziose casette, senza illuminazione elettrica o traffico automobilistico, al massimo ci sono barche da pesca a vela e un semplice mulino a vento, impiegato per far funzionare alcune macchine, mentre la fatica del lavoro agricolo ricade interamente sulle braccia dei contadini. All’opposto, la città di Industria, militarista e schiavista, è un fumoso regno dell’orrore, priva di luce e di libertà, nella quale tutto è metallo e plastica, un vero inferno che merita di essere distrutto. Miyazaki, che per il suo Conan si ispirò liberamente al romanzo per ragazzi di Alexander Kay The Incredible Tide, con la sua High Harbor è come se avesse reso visibili molte delle visioni di Simak e di Bradbury. Difficilmente, almeno a mio parere, i loro personaggi si sarebbero sentiti fuori posto in un luogo simile, tra dorate spighe di grano e verdi boschi, nel quale qualsiasi oggetto, fatto a mano e non fuoriuscito da una catena di montaggio, trasuda sabi. Insomma, pure qui siamo dinnanzi a un “futuro antico” che questi due sognatori avrebbero senz’altro apprezzato».

 

 

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PERCHE’ LEGGERE IL SAGGIO?

ESPLORIAMOLO INSIEME ALL’AUTORE!

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• Buongiorno, Claudio e grazie per essere con noi. Quando hai progettato questo saggio?

Le radici di “Immaginare il futuro” risiedono nel mio passato. Anni fa avevo scritto degli articoli per la rivista online “Fantasy Planet”, nei quali avevo cercato di scoprire quale idea di storia avessero mai gli autori di sci-fi. Tempo dopo pensai di riproporre in un volume antologico quei vecchi lavori. Purtroppo rileggendoli mi resi conto che era impossibile. Seppure alcune di quelle intuizioni esposte allora mi sembrassero ancora valide, come quelle relative ad Isaac Asimov e la sua idea di Ragione, mi accorsi che c’era molto altro da dire e che l’impianto generale del discorso andava riformulato da capo. Quindi alla fine prevalse l’idea di scrivere un saggio monografico interamente nuovo, simile per certi versi a quei vecchi pezzi come una quercia ad una ghianda.

• Sei stato ispirato da qualche lettura, vecchia o recente?

I romanzi e i racconti di Asimov, in particolar modo quelli appartenenti al Ciclo della Fondazione, sono stati determinanti, per non parlare del monumentale “Dune” di Frank Herbert. Dal mio punto di vista si tratta di classici senza tempo, si impara sempre qualcosa rileggendoli. Inoltre nella stesura di “Immaginare il futuro” ho fatto trapelare anche la mia passione per i manga (fumetti) e per gli anime (cartoni animati) giapponesi. Ad esempio, ho dedicato un intero capitolo a Mamoru Nagano, un fumettista nipponico che considero una sorta di genio folle. La sua opera più famosa, “The Five Star Stories”, fonde abilmente tra loro tecnologia e mitologia.

• L’ambientazione è reale o di fantasia?

Il punto interessante di “Immaginare il futuro” è tutti quei mondi immaginari presi in esame hanno come obiettivo non tanto la fuga da questo mondo, dalla realtà insomma, quanto piuttosto dalla volontà di comprenderla. Si tratta semmai di metafore, di parabole, dei problemi che il presente ci mette difronte.

• Il saggio è autoconclusivo o pensi di farne altri su questo tema o ambientazione?

A dire il vero recentemente mi sono spostato maggiormente in direzione degli anime e dei manga, seppure senza dimenticare la sci-fi. In particolar modo ho voluto esaminare come l’utopia (e soprattutto il suo opposto, la distopia) vengono trattate in alcuni classici del fumetto e dell’animazione (basti pensare ad un classico come “Galaxy Express 999”), così come in opere da noi ancora inedite (ad esempio “Shinsekai yori”, serie TV d’animazione tratta da un romanzo che in Giappone ha riscosso un grande successo). L’esperienza fatta nel corso della stesura di “Immaginare il futuro” per me è stata determinante in tal senso, avendomi insegnato molto sull’importanza della chiarezza espositiva e sull’impostazione del testo in generale.

• Qual è il pubblico ideale per questa storia? È un testo per tutti o per fasce di lettori ben precise, ad esempio per adolescenti, adulti o è pensato per un pubblico prevalentemente femminile o maschile?

Personalmente non credo in una narrativa o in una saggistica che siano sessualmente orientate. Del resto mi sono laureato in storia con una tesi incentrata su di una regina dell’altomedioevo e quando scrivevo narrativa avevo una netta predilezione per i personaggi femminili. Riguardo al target d’età direi che è per giovani adulti, anche se molti fan di sci-fi appartenenti ad altre generazioni potrebbero trovarvi molti elementi interessanti. Vorrei però che fosse letto anche da lettori semplicemente curiosi, non solo da “nerd” patentati, appassionati di “Star Trek”, “Star Wars”, “Evangelion” e “Gundam”.

• Che tipo di linguaggio hai scelto, per questo saggio. Colloquiale, forbito, diretto ecc…?

Ho cercato di essere il tipo di linguaggio più colloquiale e semplice possibile, provando sempre a spiegare ogni cosa nel modo più sintetico possibile ma al tempo stesso senza mai dare nulla per scontato.

• Hai qualche saggista di riferimento?

Ritengo di aver imparato molto da antichisti del calibro di Peter Brown (“Agostino di Ippona”), nonché di recente da yamatologi come Massimo Raveri (“Il pensiero giapponese classico”), per non parlare di storici dell’arte e del cinema (Antonio Costa, David Freedberg, Larry Shiner).

• Hai incontrato difficoltà nel fare ricerche?

Non esiste ricerca che non implichi un qualche grado di difficoltà, in questo caso il problema maggiore non è stato tanto mettere le mani su un certo particolare romanzo o un dato fumetto ma piuttosto prendere l’ardua decisione riguardo a quale autore prendere in considerazione e quale invece no. Ad esempio mi son sentito costretto a trattare solo marginalmente Philip K. Dick, considerando le tematiche affrontate da quest’ultimo come più degne di un lavoro incentrato sulla filosofia e sul misticismo piuttosto che sulla storia. Eppure non ho potuto però fare a meno di citare il suo romanzo “La svastica sul sole”, noto anche come “L’uomo nell’alto castello”, un autentico gioiello della narrativa da cui recentemente è stata tratta anche una serie televisiva.

• Qual è il messaggio di fondo del saggio?

L’immagine che noi abbiamo del futuro ha ben poco a che vedere con le presunti doti profetiche degli scrittori di sci-fi, quanto piuttosto ha molto da dirci riguardo a quel che accade nel nostro presente e all’idea che ci siamo fatti degli avvenimenti passati.

• Quali testi hai consultato?

Sono troppi per essere elencati! Confesso che ormai compilo delle bibliografie che, quantomeno dal punto di vista della lunghezza, sono degne di una tesi di laurea! Per fortuna adesso sono riuscito a velocizzare alquanto le procedure di compilazione, il che è un bene dato che di recente persino le filmografie dei miei manoscritti si sono ampliate a dismisura.

 

CONOSCIAMO L’AUTORE

CLAUDIO CORDELLA è nato a Milano il 13 luglio del 1974. Si è trasferito a Padova dove si è laureato dapprima in Filosofia, con una tesi dedicata all’utopismo di Aldous Huxley, di seguito seguito in Storia, con un lavoro imperniato sulla regalità femminile in età carolingia. Nel 2009 ha conseguito un master in Conservazione, gestione e valorizzazione del patrimonio industriale. Scrive narrativa e saggistica, ha partecipato a diversi progetti antologici, ha collaborato con alcune riviste ed è stato il vice direttore del web magazine Fantasy Planet (La Corte Editore). Nel 2012 ha partecipato all’ottavo Congreso Internacional de Molinologia, che si è svolto a Tui (Galizia). Per LA CASE books, è uscito Fantabiologia. Dai mondi perduti a Prometheus, un saggio di storia della cultura popolare da Jules Verne a Sir Ridley Scott. Per la milanese Edizioni Imperium ha pubblicato tre racconti (Ludosfera, Inanna, Sarara) per la collana fantascienza e tre volumi per la collana saggistica: L’ultimo secolo di Roma. Una storia di possibilità perdute 375-476, Anime Robotiche. L’evoluzione della psicologia dei protagonisti negli anime robotici, Immaginare il futuro. Tempo, storia e sci-fi; quest’ultimo finalista nella sua categoria per il Premio Italia 2016. Nel corso dello stesso anno, quando Imperium è ufficialmente confluita in Delos Digital, ho firmato per la riproposizione di questi miei lavori presso quest’importante realtà editoriale.