Angeli, dalle origini ai giorni nostri

        Angeli

Di Luisa Paglieri

 

A Natale avete fatto albero e presepio e avete messo un angelo su un ramo dell’abete o sul tetto della capanna? È probabile, ma pochi di noi si sono resi conto di essersi  riallacciati a una catena di simboli e significati che vengono da lontano.
Tutti i popoli hanno creduto all’esistenza di intermediari tra l’uomo e la Divinità. Il termine moderno angelo deriva dal greco anghelos, messaggero, ma questi intermediari hanno anche avuto altri ruoli: tutori delle anime umane, guide dei morti lungo il sentiero verso l’Aldilà, custodi di luoghi, di templi, di montagne, motori di fenomeni naturali come il movimento degli astri…
Le prime raffigurazioni di entità di questo tipo le troviamo nella civiltà assiro-babilonese: sulle mura di Babilonia venivano raffigurate creature (spesso leoni o quadrupedi) fornite di ali, è evidente che si trattava di energie (il leone) dotate di spiritualità (le ali).
Nell’antico Egitto vi sono raffigurazioni di esseri umani alati, spesso in coppia. Molti sono benevoli, ma ve ne sono anche di ostili all’uomo.

In India, i Deva (questo termine ha la stessa origine della parola latina Deus) sono gli spiriti delle acque, della terra, dei monti, simili al Genius loci dei latini. In Giappone ci sono creature alate raffigurate da pittori famosi come Hanabusa Itcho (sec. XVII). Il buddismo, in Tibet e a Giava, riconosce l’esistenza di intermediari tra l’uomo e l’Assoluto.
Per i Germani e gli Scandinavi antichi, ogni uomo o donna era custodito da uno spirito detto Fylgja che talvolta si manifestava con l’aspetto di una donna. A volte una Fylgja, quando il suo protetto moriva, iniziava a proteggere un’altra persona della stessa famiglia. Ma i Germani credevano anche in certi spiriti protettori di una intera famiglia o stirpe, un po’ simile ai Lari e Penati dei Romani. In una saga, il protagonista vide la sua Fylgja che camminava sul mare seguendo la nave su cui egli si trovava. Quando l’uomo fu in punto di morte affidò a lei suo figlio e poi morì.
Nell’antica religione iranica, fondata o riformata da Zaratustra, l’unico dio Ahura Mazda è coadiuvato da 6 ministri detti Amesha Spenta: Buon Pensiero, Verità, Santa Devozione ecc. Personificazioni di attributi divini o addirittura emanazioni della sostanza divina?
Certo è che il monoteismo iranico influenzò anche il pensiero ebraico durante l’esilio babilonese degli Ebrei. Secondo il Talmud: “I nomi degli angeli… arrivarono in Israele con quelli che tornarono dalla cattività in Babilonia”.
Un’altra importante intuizione zoroastriana è la presenza, presso ogni uomo o donna, della “Fravashi”, una scintilla spirituale variamente interpretata dagli esegeti: la luce della coscienza o una specie di angelo custode… un concetto che passerà poi nel giudaismo e nel cristianesimo ma che non è del tutto assente nemmeno nel mondo classico: ricordate il daimon di Socrate, la voce o spirito-guida che lo accompagnava?
La letteratura religiosa giudaica sviluppò una vera e propria angelologia. Nell’Antico Testamento si parla di angeli nei libri di Isaia, Daniele, Tobia, Giobbe e altri. Negli apocrifi Libri di Enoch (il primo dei quali fu scritto nel 200 a.C. o anche prima mentre gli altri due sono posteriori) si dà spazio alla storia della caduta degli angeli cattivi che si sarebbero uniti a donne mortali dando vita ad una pericolosa stirpe di giganti (si noti che in quasi tutte le mitologie antiche da quella greca a quella germanica i giganti sono sempre un elemento negativo, forze incontrollate portatrici di caos). I libri di Enoch, pur fortemente simbolici, sono stati interpretati in vari modi.
Nel libro di Enoch e in altri testi non canonici appaiono i nomi degli angeli e degli arcangeli: Michele, Gabriele, Raffaele, Uriele, Raguele, Fanuele ed altri. Nella Bibbia ossia nei testi canonici vengono invece nominati solo Michele, Raffaele e Gabriele…(In realtà gli Arcangeli dovrebbero essere sette, secondo il libro di Tobia, ma ne vengono nominati solo tre). Anche altri angeli hanno dei nomi ma forse sono nomi ineffabili, non adatti ad essere pronunciati dall’uomo… Nel libro di Ezechiele si parla di Cherubini (dall’accadico karabu= pregare) e in quello di Isaia di Serafini (Serafin in ebraico bruciante cioè spirito pieno di amore mistico).
La letteratura rabbinica si sviluppa dal II sec. a.C. Al IX sec. d.C. Spesso si rifà alla Cabbala cioè ad una lettura esoterica e misteriosa, per iniziati, della Bibbia. I cabalisti ottengono i nomi segreti degli Angeli per interpolazione dei versetti biblici ossia decodificando il testo con un metodo segreto.
La tradizione cabalistica abbina agli angeli i vari astri. La Luna è attribuita a Gabriele, il sole a Michele, Mercurio a Raffaele, Marte a Kamael, Saturno a Cassiel…

La Gnosi, movimento religioso sincretistico che mescolava elementi giudaici, ellenistici e orientali, connetteva ai quattro Arcangeli anche i punti cardinali. Alcuni autori assegnano agli Angeli il dominio delle varie direzioni (nord, nord-est ecc) e dei rispettivi venti (il vento, lo pneuma, era il simbolo dello spirito).
Nel nuovo Testamento le figure angeliche appaiono spesso: Gabriele porta a Maria l’annuncio della nascita divina e a Zaccaria predice la nascita di Giovanni Battista. Gli angeli danno ai pastori la buona novella nella notte di Natale, appaiono a Giuseppe in sogno consigliandogli la fuga in Egitto, servono Gesù nel deserto dopo l’episodio della tentazione satanica, lo confortano nell’orto degli Ulivi e infine annunciano la Resurrezione. Altri interventi angelici si trovano negli Atti degli Apostoli e nell’Apocalisse.
Tra gli scritti dei primi cristiani ricordiamo Il pastore di Erma (II sec dopo Cristo), in cui si dice che sei angeli sono al vertice di tutte le gerarchie angeliche e custodiscono l’Universo, e l’Apocalisse di Paolo in cui si trova un’elaborata dottrina sull’Angelo Custode (figura già presente nella Bibbia, nel libro di Giobbe e nel vangelo di Matteo).
Nel campo dell’angelologia cristiana è Dionigi l’Aeropagita (o pseudo-Dionigi) la fonte principale. Dionigi, ritenuto discepolo di San Paolo ma in realtà vissuto molto dopo (III o V sec d.C.) e influenzato dal neoplatonismo, codifica le nozioni sugli angeli nel suo trattato Gerarchia celeste, distinguendo nove ordini di entità celesti, nove cori, ripartiti in tre triadi: Troni, Cherubini e Serafini, Potestà, Virtù e Dominazioni, Principati, Arcangeli e Angeli. In realtà già San Paolo nelle sue lettere (Lettera agli Efesini e lettera ai Colossesi) aveva citato questi gruppi di angeli (Principati Virtù, Dominazioni ecc) e quindi è giusto dire che Dionigi si collega all’insegnamento di Paolo, pur ampliando molto il discorso.


La visione di Dionigi, che presenta consonanze con la tradizione ebraica e cabalistica, influenzò molto i pensatori del medio Evo come Tommaso d’Aquino. Le gerarchie di Dionigi sono le stesse usate da Dante nella Commedia. Nella filosofia scolastica gli angeli guidano il movimento dei cieli e presiedono a tutta la creazione. Quindi le cose create non obbediscono solo a leggi puramente materiali ma sono anche controllate da intelligenze che sono custodi di ogni manifestazione della natura. Vi sono poi anche degli angeli protettori dei vari popoli, gli Etnarchi.
Durante il rinascimento si occupa di angeli Johann Heidenberg, noto come Trithemius, abate del monastero di Spanheim in Germania, che classifica addirittura le ere, le fasi della storia umana in quanto governate da diversi spiriti celesti… teoria poi ripresa da Rudolf Steiner nel Novecento.
Nell’impero bizantino era enorme la devozione per l’Arcangelo Michele considerato il capo dell’esercito celeste e l’antagonista dell’angelo caduto, Lucifero. Michele era raffigurato come un guerriero che si batte contro il diavolo (dipinto spesso come un drago o un serpente). A Costantinopoli esisteva un grandioso santuario, il Michaelion, dedicato all’arcangelo e considerato luogo di guarigione (era infatti collocato in un posto molto salubre). Nella stessa città ben 15 chiese erano consacrate a Michele.
Anche i Longobardi adottarono Michele come loro patrono e diffusero il suo culto in Italia. L’angelico guerriero era molto ammirato da quel popolo bellicoso proprio per il suo carattere “militare” che ricordava un po’ gli antichi dei germanici. I monumenti dedicati a Michele sono spesso di origine longobarda a cominciare dalla Sacra di San Michele il cui primo nucleo dobbiamo ai Bizantini e ai Longobardi.
Anche i Franchi veneravano Michele e proprio a Lui Carlo Magno consacrò il suo impero. I sovrani carolingi lo considerarono sempre il loro protettore. In effetti molte popolazioni germaniche, non solo Longobardi e Franchi,  ebbero una speciale venerazione per Michele che ancora oggi è il patrono della Germania (insieme a San Bonifacio, Sant’Oscar e ad altri santi d’importanza locale).

Tutte le chiese orientali (nestoriana, armena, copta, etiope, greca, russa) produssero testi riguardanti gli angeli e li nominarono nelle loro liturgie. Citiamo Gregorio di Narek, monaco armeno (X secolo), Gregorio Palamas, teologo ortososso (XIV sec), Pietro Morghila, metropolita di Kiev (XVII sec.) e molti altri.
Alcuni teologi cattolici contemporanei come Jacques Maritain e Romano Guardini si sono occupati delle prerogative degli spiriti celesti mentre la grande tradizione russa si esprime nelle opere di Sergeij Bulgakov (1871-1944) che ha parole bellissime sul ruolo del custode “amico spirituale” e quasi alter ego di ogni essere umano. L’angelo veglia, dolce e delicato, sull’amico terrestre guidandolo senza mai imporsi.
Gli artisti hanno raffigurato spessissimo gli angeli. Basti pensare a Giotto, Raffaello, Michelangelo, Leonardo, Blake, Gustavo Doré e tra i contemporanei, alla visionaria pittura di Marc Chagall. Poeti come Goethe, Milton e Rilke hanno scritto sugli angeli. Milton in particolare ha raccontato nel suo poema Paradiso perduto la guerra tra gli angeli fedeli a Dio e quelli malvagi. Anche il cinema non li ha trascurati, basta ricordare il celebre La vita è meravigliosa di Frank Capra.
Dopo una crisi dell’angelologia, dovuta al pensiero materialista e scientista, la figura dell’angelo è tornata alla ribalta negli ultimi decenni sia per il declino del materialismo, sia per l’affermarsi di correnti esoteriche e sincretistiche come la New Age, sia per il recupero della religiosità popolare. Si sono dette e scritte su di loro molte cose, a volte serie e a volte meno serie. Non si contano i film e i libri che raccontano di interventi o salvataggi angelici a cominciare dal bellissimo lavoro del regista Wim Wenders Il cielo sopra Berlino.

Secondo il teologo Enzo Lavatori, il cristianesimo ha sempre creduto all’esistenza degli angeli ma questa presenza appare anche al di fuori della fede cristiana perché la figura angelica ha una funzione insostituibile per l’uomo alla ricerca di un modello e di un significato. Il ritorno dell’angelo è un buon segno, quindi. Pensate a tutto questo quando metterete il vostro angioletto di cartone dorato sull’albero di Natale…