Riti e leggende di febbraio

Riti e leggende di febbraio

di Luisa Paglieri

 

Alla Candelora dall’inverno semo fora, recita un vecchio proverbio del Norditalia. Non proprio, in realtà: febbraio può essere un mese ancora freddissimo!
L’inverno dura fino a marzo, mese bicipite che ha l’inizio nella stagione invernale e la fine in quella primaverile, tanto è vero che un detto inglese afferma: marzo arriva come un leone e se ne va come un agnello (ossia è terribile al principio e poi diventa mite).
Ma osserviamo un po’ le feste e le ricorrenze di febbraio.
Il 2 febbraio la chiesa latina (e anche quella orientale) celebra la festa della Candelora.
Questa festa cristiana (già attestata a Roma nel VII sec. d.C. ma probabilmente autorizzata da papa Gelasio nel 500 d.C. circa) ricorda la Purificazione della Vergine (una donna dopo circa 40 giorni dal parto doveva essere dichiarata pura formalmente dai sacerdoti e così riprendere le attività consuete e una normale vita sessuale) e la presentazione del Figlio neonato al tempio, rito a cui erano tenuti tutti i devoti ebrei.
Ma le radici di questa festa sono assai complesse e affondano anche nei riti pagani (poi inglobati dalla Chiesa). Februare in latino significa purificare e i Romani accendevano nei campi fuochi purificatori per bruciare le erbacce, purificare il terreno e prepararlo a successive semine. (La Donna, in questo caso la Madonna, ancora una volta è metafora della Terra!)

Gli antichi Celti celebravano in questi giorni una festa detta Imbolc, dedicata alla Dea Madre chiamata Brigantia o Birgit nelle Isole britanniche mentre nel Norditalia, la Gallia Cisalpina, era a volte chiamata Belisama. Tale ricorrenza fu “tramutata” nella cristiana Candelora. La dea, tra l’altro, era figura connessa al fuoco, ai falò. Come si vede, tutto è collegato.
Imbolc era anche chiamata Oimelc e in pratica simboleggiava l’allentarsi della morsa del gelo invernale e le prime “avvisaglie” della nuova stagione. Paradossalmente, mentre i giorni si allungano, viviamo anche il momento più freddo dell’anno: il mese di febbraio in celtico si chiamava Anagantios che significa “il tempo in cui si sta in casa”.
Imbolc era inoltre collegata alla nascita e all’allattamento degli agnelli. Può sembrare curioso, ma per quei popoli significava la disponibilità di latte fresco dopo un inverno senza latte.
Ricordiamo anche che il primo febbraio è la festa di santa Birgit, monaca irlandese che potrebbe conservare qualche tratto leggendario prima attribuito alla dea con lo stesso nome. Tuttavia, Santa Birgit sicuramente è un personaggio storico. A lei sono attribuiti miracoli piuttosto simpatici come quello di aver tramutato l’acqua in birra seguendo l’esempio del divino Maestro che cambiò l’acqua in vino alle nozze di Cana. Anche santa Birgit è collegata al fuoco, nel suo convento a Kildare in Irlanda le suore custodivano a turno un fuoco che non veniva mai spento.

Con  l’allungarsi delle giornate, la Candelora è anche la festa del ritorno della luce, dopo il lungo oscuro inverno. Ecco perché è diventata la festa delle candele: Candelora in italiano, Candlemas in inglese, Lichtmesse (= gran quantità di luce) in tedesco.
Nella tradizione cristiana si benedicono le candele (usanza forse importata dalla Francia e già attestata a Roma verso il Mille) e ci sono molte superstizioni legate alle candele. In Alsazia per esempio le candele vengono conservate in casa per scongiurare le malattie.
In un villaggio della Cornovaglia, Godolphin, un rappresentante del locale castellano si presenta con un cero acceso in mano a riscuotere un simbolico tributo.
Per i Celti, Imbolc era il periodo della divinazione e tale abitudine si è conservata. La lampadomanzia è l’arte di trarre premonizioni delle candele, dal modo in cui la fiamma si inclina o manda scintille, ecc. Nel Norditalia, le candele benedette sono portate a casa. A volte, il capofamiglia tracciava con la cera caduta dalle candele una croce sulla porta di casa o sul braccio dei familiari e talvolta sulla testa degli animali. Tuttavia, se una candela benedetta durante la Candelora cadeva nelle mani di un mago malvagio, poteva essere usata per scatenare un nubifragio o una malattia contagiosa.


Dopo la Candelora, ci si avvia verso il periodo di Carnevale, tradizionalmente spensierato e ludico.
Esiste però anche un’antichissima tradizione che lega il periodo di febbraio ai morti e alle divinità infere. Vi stupisce? Ma il germe del grano per avere la sua rinascita, deve stare sotto terra, nel regno  infero. Nel buio, nell’umido,ci sono i fermenti della vita, le divinità sotterranee ossia le forze preposte alla continuità della vegetazione. Dal regno dei morti viene il nutrimento dei vivi, materiale e spirituale… Ecco perché le figure tipiche del Carnevale, le maschere, erano anticamente collegate ai morti e agli dei sotterranei. Per questo hanno fattezze mostruose e spaventose, anche se con il tempo la deformità e il mistero hanno assunto caratteristiche comiche e buffonesche. Per esempio, Arlecchino deriva dal personaggio di Hallequin (Hell King = re dell’inferno),un demone nelle favole francesi medievali. “Adottato” dalla Commedia dell’Arte, perse il suo carattere pericoloso, diventando soltanto un imbroglioncello e gli originari lineamenti demonici della maschera nera (bruciata dal fuoco infernale!) si ingentilirono. Finì per far ridere i bambini, ma i più piccoli spesso si spaventano le prime volte che vedono una maschera nera! Forse è un timore ancestrale, inciso nel nostro inconscio collettivo? Spavento e riso, in fondo, spesso si mescolano e il secondo esorcizza il primo!
I fuochi, che, accesi alla fine del Carnevale, bruciano i fantocci, rappresentano anch’essi una purificazione e aprono le porte ad un nuovo ciclo vitale. Ricordiamo per esempio l’albero di Grauno (valle Cembra, vicino alla val di Fiemme) dove il legame tra la popolazione e la foresta è così forte da rendere protagonista del Carnevale il pino più maestoso della selva. Il pino viene dato alle fiamme il martedì Grasso. In molte località viene bruciato un pupazzo: a Pont Saint-Martin (Aosta) esso impersona addirittura il diavolo.

Nelle campagne piemontesi ritorna, invece, nelle notti di febbraio, la masca Micillina, sotto forma di gatta famelica e combina ogni genere di birbonate.
Ricordiamo ancora due ricorrenze di febbraio: S. Biagio (3 febbraio), protettore della gola, per la quale viene impartita una speciale benedizione, e il commercialissimo S. Valentino (14 febbraio). Non sembra affatto che S. Valentino, vescovo di Terni; abbia davvero qualcosa a che fare con la protezione degli innamorati, nonostante le molte leggende in proposito. Tale festa risale invece, da un lato a una vecchia tradizione inglese (si ricordi che un antico dio nordico, figlio di Odino, si chiamava Vali), dall’altro ad una festa dell’antica Roma che proprio in questo periodo celebrava i Lupercalia, riti propiziatori per la fecondità. Le donne che desideravano avere figli venivano percosse con strisce di cuoio da ragazzi o giovani in corsa, questo gesto, metafora dell’atto sessuale, portava fortuna a chi desiderasse una gravidanza.