La Befana vien di notte

La Befana vien di notte

di Luisa Paglieri

 

 

L’Epifania tutte le feste si porta via

Veramente non è proprio esatto visto che il 17 gennaio è la festa di S. Antonio Abate (simpatico patrono degli animali domestici), una ricorrenza che in certe località comporta anche l’offerta di qualche piccolo dono ai bambini. Comunque, il 6 gennaio rimane una data significativa e molto cara ai più piccoli.
Epifania è una parola greca che significa manifestazione. Si tratta del manifestarsi di Gesù all’umanità: per la chiesa orientale il 6 gennaio si festeggiano il Natale, la visita dei Re Magi, il battesimo nel fiume Giordano e il miracolo di Cana cioè i quattro momenti in cui il Figlio di Dio manifesta la Sua presenza, ossia la presenza del Divino, nella storia, di fronte agli uomini. La chiesa di Roma separa invece queste festività.
Nell’Italia meridionale, o meglio da Roma in giù, i bambini ricevevano i regali il 6 gennaio perché in quest’area si seguiva il calendario della Cristianità orientale (data la lunga dominazione bizantina) e anche se poi, con l’arrivo dei Normanni dopo il Mille, era prevalso il rito latino cioè occidentale, questa abitudine dei doni il 6 gennaio era rimasta. Tracce dell’Epifania orientale sono ancora presenti in canzoni e strofette del Centro-Sud che alludono al battesimo nel Giordano e venivano cantate dai bambini appunto il 6 gennaio.
Nella tradizione popolare era presente anche un altro personaggio, non legato al cristianesimo ma piuttosto ad una tradizione precedente, agricola e pagana: la Befana.
La Befana, il cui nome deriva da “Epifania”, è un personaggio molto curioso che mescola le caratteristiche della fata buona, la fata madrina prodiga di doni, con quelle della strega, la comare vecchia e malevola anche se non priva di sagacia e di un acre e bizzarro umorismo.

  Si dice spesso che la “Befana” è una figura che appartiene più che altro alla tradizione del Centro-Sud d’Italia. Questo è un errore o per lo meno una grossa inesattezza. Se è vero che i regali arrivano al Nord il 25 dicembre e altrove il 6 gennaio (a Roma si tiene un mercatino dell’Epifania che è simile ai mercatini di Natale del Nord) è anche vero che la figura della Befana, o meglio della “Vecchia”, è un simbolo complesso in cui si intrecciano tradizioni mediterranee come pure alpine e centro- europee.
Chi è la Befana? La Vecchia non è altro che la Grande Madre, la Terra o la Natura venerata nei tempi più antichi, prima che le divinità “maschili” o “patriarcali” prendessero il sopravvento. E’ la Dea suprema nella sua versione di anziana e quindi di saggia. La Dea è colei che dona la vita, ma è anche la Terra, sede dei morti. Padrona della vita e della morte, è la luminosa luna crescente ma è anche l’inquietante Luna Nera, signora della notte. Come ogni madre, premia e punisce, ha un lato tenero ma anche uno severo. La Madre infatti è molto generosa, ma può anche essere temibile e punitiva: prova ne sia che ai “cattivi” porta carbone, il suo dono non è indiscriminato come quelli di Babbo Natale, ma condizionato a seconda del comportamento.

 

 

La Befana è l’equivalente nostrano delle figure come Krampus, Schwartz Piet, Schmutzli ecc. presenti nel Nord e Centro Europa ( per la verità anche in qualche zona del Triveneto i Krampus sono presenti). Queste figure sono gli aiutanti di Babbo Natale e sono un po’ punitive: se Nicola è generoso e indulgente con tutti, gli aiutanti scapaccionano invece i ragazzini marioli. Sono figure spesso visivamente scure un po’ perché fuligginose (passano attraverso i camini) e un po’ perché sono il lato oscuro, severo, del luminoso Nicola. La Befana ha la stessa funzione simbolica.
Nella figura della Befana troviamo echi di antiche divinità femminili di origine germanica come Holla (o Holda) e Perchta, chiamate a volte scherzosamente Frau Holla e Frau Perchta. Holla era una divinità della terra e degli inferi: Hel era infatti il mondo dei morti, il mondo sotterraneo. (Ancora adesso in inglese hell significa inferno, con una connotazione negativa che era assente nel termine pagano). Tuttavia Holla non era sempre cattiva perché rappresentava anche la fertilità della Terra. Aveva quindi un aspetto luminoso ed è sintomatico che in alcune lingue locali come il veneto e il milanese, il baluginio della luce si chiama “la Vecia” cioè la Vecchia, nient’altro che l’antica Dea.

Perchta, invece, vive nelle leggende dell’Europa Centrale, cioè in Svizzera, Austria e Germania e nelle nostre regioni alpine. E’ molto popolare in Trentino e nel Canton Ticino dove prende il nome di Berta. Anche questo nome significa “luminosa”. Berta di solito ha lunghi capelli scarmigliati, abiti stracciati, un viso vecchio e rugoso ma occhi luminosi e brillanti. Percorre a grandi passi cieli e terre, entra nei villaggi, a volte ispeziona le case e guai se le trova sporche o in disordine! Odia infatti la pigrizia, le padrone di casa sciatte e trascurate e in questi casi diventa dispettosa. In questo è assai simile alla “moderna” Befana che porta il carbone ai bambini che non fanno il loro dovere. Berta vola sulle montagne spesso a cavallo di una scopa ed è a capo di un corteo composto di fate, streghe, animali di varie specie (spesso è presente una grande oca zoppa), scarpe che camminano da sole e così via. Gli alpigiani lasciavano a volta focacce o torte sui tetti per lei. (Si tratta, secondo alcuni, del mito della caccia selvaggia di Odino, ma occorre ricordare che in molte zone delle Alpi, per esempio nella Val di Viù, in Piemonte, c’era la leggenda del “Curs” la corsa delle anime o degli spiriti). In ogni caso è meglio non cercare di spiare la corsa del magico corteo: potremmo buscarci le beccate dell’oca zoppa o potremmo essere addirittura rapiti e restituiti alla nostra famiglia l’Epifania seguente.
Come Holla, Berta aveva un suo regno sotterraneo e ne usciva appunto d’inverno, intorno al solstizio, per effettuare la sua corsa e spargere sui monti e sui prati i semi per la futura stagione primaverile. Soprattutto le era attribuita la semina della segala sulle terre alpine. E’ quindi evidente che questa dea era legata alla fecondità e all’agricoltura.
In Piemonte, nelle Langhe, è anche presente la Bergera, parente alla lontana della Befana. Si tratta di una donnina vecchissima, buona conoscitrice delle erbe e dei rimedi vegetali con cui sa curare le bestie.

Merita un cenno anche la Redodesa (detta anche Aredodese e Redodeia), entità fatata tipica del Bellunese e delle zone ladine. Si faceva vedere, accompagnata da dodici Redodesegot, nella notte che precede l’Epifania. Era molto alta e con un cappellaccio nero in testa. Spaventava i nottambuli con grida tremende e portava via il fuso alle donne che filavano in quella notte festiva. La si può considerare una variante della Befana.
Oltre alle divinità germaniche citate, concorrono alla creazione della figura della Befana anche divinità di altra origine come Diana o Ecate, anch’esse espressioni della Grande Dea, Tante Arie (la zia Arie), fata di origine francese, e la cosiddetta “Donna del Gioco”, misteriosa e segreta divinità femminile che presiedeva ai riti delle donne e della fertilità, le cui tracce troviamo in Lombardia (soprattutto nelle pratiche magiche delle streghe di campagna) e in varie zone dell’arco alpino. Una componente celtica è pure presente con il famoso culto delle tre Dee Madri.
La Befana deriva quindi da queste antiche figure femminili. Così come la conosciamo noi, vecchia e vestita di stracci, ha fatto la sua comparsa nel XII secolo.

 

 

Quasi dovunque in Europa è diffusa la credenza che durante la notte dell’Epifania gli animali possano parlare. Qualcosa di simile avverrebbe pure nella notte di Natale. In realtà, le dodici notti tra Natale e l’Epifania erano considerate tutte magiche, in quanto legate al solstizio. Queste notti erano un momento in cui il tempo era sospeso e le leggi normali non valevano più, un po’ come la notte di Ognissanti o Samhain. Tale credenza, che risale ai Celti, faceva delle “dodici notti” il periodo più adatto per la magia e la divinazione, per la comunicazione con gli animali e per ogni genere di fatti straordinari.

Secondo certe tradizioni la Befana è accompagnata dalle anime dei bambini morti, da animali come il mulo e la gallina, può attraversare i muri e le porte chiuse e compiere vari sortilegi.

 

La notte dell’Epifania, la Dodicesima Notte, chiude appunto la serie delle notti magiche e un pochino inquietante lo è, se pensiamo che secondo certe tradizioni la Befana è accompagnata dai “befanotti” (anime di bambini morti) nonché da animali come il mulo e la gallina (di cui conosce le lingue), può attraversare i muri e le porte chiuse e compiere vari sortilegi. Le forze oscure e notturne non sono estranee alla figura della strana vecchietta perché in ogni momento di passaggio da una stagione all’altra, quindi da una fase della vita ad un’altra, qualcosa muore, qualcosa nasce…
Lo stesso dolce dell’Epifania nasconde una fava (il cibo dei morti nella tradizione pitagorica ed alchemica), e il carbone, riservato ai cattivi, è il dono del sottosuolo, connesso agli inferi, è la foresta morta e mineralizzata…
Un fantoccio raffigurante la Vecchia, in certi paesi, veniva bruciato alla fine della festa e simboleggiava la vecchia stagione, la natura esausta, che moriva per poi risorgere rinnovata a primavera.( Più spesso però il rogo della Vecchia accompagnava le feste di Carnevale).

Rogo dell’Epifania in Veneto (Verona, Lago di Garda). Immagine tratta dal web.
Rogo dell’Epifania in Veneto (Verona, Lago di Garda). Immagine tratta dal web.

 

Con il tempo, gli aspetti inquietanti si sono attenuati e sono prevalsi quelli più simpatici e rasserenanti. I giovani, in campagna, cantavano “la befana” andando di casa in casa a chiedere dolci e piccoli regali. I contadini ricordano ancora le classiche befanate cioè le corse per le vie dei villaggi.
La Vecchia diventa sostanzialmente colei che distribuisce fortuna e abbondanza e riempie la calza, modesta sostituta della cornucopia. E soprattutto ricorda, a chi ha ancora la saggezza della memoria, che esiste un tempo oltre il tempo e un mistero che oltrepassa le porte ed arriva fino al camino, il cuore della casa.

 

 

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Chi non ricorda la famosa canzone di Morandi dedicata alla Befana?