LA NOTTE MAGICA DI S. GIOVANNI

LA NOTTE MAGICA DI S. GIOVANNI

di Luisa Paglieri

  

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 24 giugno, festa di S. Giovanni Battista: la notte più magica dell’anno, insieme a quella, simmetrica (dopo sei mesi esatti), di Natale. Si tratta, infatti dei due solstizi, le due feste solari più importanti per i nostri antenati pagani, che le chiamavano la Porta degli Dei (a dicembre) e la Porta degli Uomini (a giugno). Di queste Porte misteriose parla già Omero nell’Odissea. Tali feste poi furono “incorporate” nel Cristianesimo: così Natale ricorda Gesù, il sole spirituale, preceduto di sei mesi da Giovanni, il Precursore.
Secondo la tradizione, San Giovanni era infatti più vecchio di Gesù di sei mesi: quando l’angelo Gabriele dà a Maria l’annuncio della divina maternità il 25 marzo, le dice anche che sua cugina Elisabetta, futura madre di Giovanni, è già incinta di sei mesi.
Nonostante la cristianizzazione dei solstizi, l’alone di magia pagana sopravvive nelle credenze popolari e nel folklore.
Elementi solari e lunari, miti maschili e femminili si intrecciano, poiché siamo all’inizio del segno del Cancro, segno acquatico dominato dalla Luna e quindi femminile per eccellenza. Forse l’acqua si lega al ruolo di Giovanni, il battezzatore… Ma il solstizio è anche festa solare per definizione e a giugno il sole raggiunge la massima declinazione positiva rispetto all’equatore celeste e poi comincia a “discendere”.
Tuttavia, nelle più antiche tradizioni indoeuropee, il sole era elemento femminile, perchè genera vita e calore e in alcune lingue indoeuropee, come il tedesco e il gaelico, la parola sole è di genere femminile ancora oggi. Nelle società patriarcali il sole invece rappresenta il padre, il principio maschile.
Il sole fu anche associato ai culti di origine orientale come la religione di Mitra o al culto di Apollo, dio accolto nel pantheon ellenico ma di origine nordica, proveniente dall’isola di Helgoland…

Genova, festa di San Giovanni 2017

Molto diffusa ancora oggi è la tradizione dei fuochi accesi nella notte tra il 23 e il 24 e considerati propiziatori. A Torino viene acceso un falò nel centro cittadino, in una grande piazza, appunto durante la sera e la notte tra il 23e il 24. In Friuli vengono decorati certi grossi alberi e si eleggono il re e la regina della festa. Il re, figura sacrale, assicurava un tempo la fertilità della terra e il benessere della comunità.
Insieme ai rituali del fuoco, ci sono anche i riti dedicati all’elemento acquatico e alla vita vegetale. La notte di san Giovanni si raccoglievano prima dell’alba piante ed erbe medicinali bagnate di rugiada. Tali erbe, se raccolte in quelle ore, sarebbero state particolarmente efficaci. Citiamo l’artemisia (antipiretico), la salvia (disinfettante), il basilico (digestivo),la lavanda (per le vie respiratorie) e soprattutto l’iperico chiamato tra l’altro “erba di san Giovanni” antidolorifico e blando antidepressivo.
L’iperico era inoltre considerato uno scacciadiavoli e i suoi fiori venivano intrecciati tra i capelli quando i giovani saltavano di un balzo i falò.
Infatti alcune erbe erano considerate talismani o ispiravano sogni profetici. Mettendo per esempio sotto il cuscino certe erbe (nove) le donne nubili avrebbero visto in sogno il futuro marito.
Vi sono altre forme di divinazione legate alla notte di san Giovanni come buttare in un fiume tre spighe di grano marcio per assicurare raccolti abbondanti o bruciare foglie di iperico nelle stalle per proteggere il bestiame dalle malattie.

Qualche credenza non è proprio rassicurante: durante la notte i diavoli svolazzano in giro e i settimini esercitano oscuri poteri…ma in genere l’atmosfera della notte di san Giovanni è confortante e luminosa, come l’evento astronomico che festeggia.
In Piemonte il 24 è giorno di marca cioè giorno in cui si traggono gli auspici meteorologici. Il culto di san Giovanni Battista è molto radicato a Torino, fin dai tempi dei longobardi e anche prima: il santo è patrono della città. Ci sono molte leggende cristiane su Giovanni Battista, si dice per esempio che appaia in cielo il suo capo mozzato per ordine del re Erode.
A Torino, come si è detto, la sera del 23 si accende un grande falò nella centralissima piazza Castello e a seconda di come cade il lunghissimo palo posto in cima al mucchio di fascine si traggono auspici per i mesi successivi. Se cade in una certa direzione, sono guai… Ma la tradizione del falò è comune a gran parte dell’Europa, nell’isola di Man si accendevano piccoli falò in nei campi, sottovento in modo che il fumo “irrorasse” il terreno e lo benedicesse. In Irlanda, in Belgio, nell’Istria si usa accendere i fuochi per scongiurare la cattiva sorte e i mali della vita. In Normandia prevaleva la tradizione legata all’acqua: ci si bagnava il viso con la rugiada di san Giovanni per conservare giovane e bella la pelle, mentre in certe regioni italiane ancora adesso ci si affida a certe piante magiche per scrutare il futuro.
E non pensate che la festa del solstizio fosse festeggiata solo in Europa occidentale! Anche nell’Europa orientale essa era molto sentita dalle popolazioni contadine. In Russia san Giovanni era chiamato Ivan Kupala, si accendevano fuochi e ci si immergeva nelle acque di un fiume o di un lago, in acque aperte insomma, la gente si vestiva di bianco e si metteva fiori tra i capelli per poi danzare nei prati.

L’immagine però più suggestiva della notte di San Giovanni ce l’ha regalata William Shakespeare nella sua commedia “Sogno di una notte di mezza estate” che si svolge appunto in quella magica notte con relative apparizioni di fate e folletti. Il poeta riprende le tradizioni locali tra cui quella che sosteneva che se una persona si addormentava vicino a certe piante, come l’erica, si risvegliava nel mondo fatato (ed è ciò che accada ad uno dei personaggi, Bottom). Inoltre altri personaggi umani sono vittime di filtri magici a base di erbe e fiori che fanno sì che essi si innamorino o disamorino di qualcuno: qui l’autore si riallaccia evidentemente alle credenza nelle virtù magiche delle piante durante la notte del solstizio.
Ci potremmo domandare perché Shakespeare chiami questa notte “notte di mezza estate” visto che si tratta solo del 24 giugno.
In realtà il Bardo inglese si rifà alla tradizione celtica che divideva l’anno in due semestri, il semestre invernale od oscuro che iniziava a fine ottobre, a Samain (il nostro Ognissanti) e il semestre luminoso o estivo, che andava da aprile a ottobre. Il solstizio di giugno cadeva quindi circa a metà del semestre estivo. Non sono rari in Shakespeare i riferimenti a queste antiche suddivisioni dell’anno e il suo pubblico evidentemente doveva capire tali riferimenti perché la tradizione agricola che ci stava dietro era ancora ben viva.
Ancora oggi, in Inghilterra, a Stonehenge, dove esiste un imponente complesso megalitico (che forse altro non è che un immenso orologio solare) molti giovani trascorrono la notte del solstizio, immersi in una misteriosa atmosfera, fino alle prime luci dell’alba.