IL POTERE DELLE STORIE

 

 

IL POTERE DELLE STORIE

di Chiara Nejrotti

Intervento tenuto a San Marino Il Raduno 2017

 

Voi siete le vostre storie. Siete il prodotto di tutte le storie che avete ascoltato e vissuto … Hanno modellato la vostra visione di voi stessi, del mondo e del posto che in esso occupate.”[1]
Nel romanzo dello scrittore inglese J.R.R.Tolkien Il Signore degli Anelli, reso ancor più famoso dalla trilogia di film di Peter Jackson,[2]si svolge un dialogo tra Sam e Frodo sul potere delle storie. I due Hobbit, personaggi che nella loro piccolezza si allontanano dall’immagine classica dell’eroe e in cui, quindi, possiamo riconoscerci, stanno compiendo una disperata impresa per salvare il loro mondo dall’oscuro signore Sauron. A questo punto del racconto si trovano in un paesaggio desolato e maledetto, su una via che appare sempre più senza speranza e a questo punto Sam ripensa agli antichi racconti ed ai loro protagonisti: storie di coraggio e di valore ma soprattutto di perseveranza, poiché gli eroi non sono tali in quanto vanno in cerca di avventure e di glorie ma perché, pur trovandosi coinvolti in qualcosa che non hanno cercato, non tornano indietro, non si sottraggono, pur avendone magari l’occasione. Si accorge poi che la loro vicenda non è che l’ultimo episodio di un’unica grande storia che si dipana nel tempo e che continuerà anche dopo di loro.
Parlare delle antiche saghe e dei loro eroi e riconoscersi come parte di un unico grande racconto dà ai due hobbit la forza e la speranza di continuare il cammino. Nella versione cinematografica il dialogo ha particolare rilevanza perché si conclude con la frase di Sam “C’è del buono in questo mondo, padron Frodo. È giusto combattere per questo.”Chiunque abbia visto il film o letto il libro e si sia immedesimato nei suoi personaggi si ricorderà di quella frase: che vale la pena continuare a sperare e a lottare, anche se tutto, intorno, sembra dire il contrario.
Noi siamo perciò anche l’esito delle storie che abbiamo ascoltato e che abbiamo letto; il racconto infatti permette l’immedesimazione, raggiunge la nostra componente emotiva, oltre a quella razionale, e così facendo forma il carattere, ossia la volontà e la capacità di compiere delle scelte anche in situazioni difficili.
Secondo Bruno Bettelheim, psicoanalista freudiano che per primo ha rivalutato le fiabe tradizionali nell’educazione infantile, il bambino non si domanda che cosa sia giusto o sbagliato, ma “ A chi voglio assomigliare?”[3] Per questo la narrazione che mostra le conseguenze delle azioni dei personaggi e le loro scelte è molto più educativa di qualsiasi morale esplicita.
La scrittrice Silvana De Mari in Il Drago come realtà sostiene che i poemi epici, che sono il proseguimento delle narrazioni orali delle gesta degli dei e degli eroi dopo la nascita della scrittura, «servono a dare coraggio nei momenti bui»[4] perché ricordano l’appartenenza ad una comunità e ad un popolo; nell’antica Grecia, ad esempio, l’educazione dei giovani alle virtù si basava sui poemi omerici.
In secondo luogo, proprio come Sam, ciascuno di noi può riconoscere di far parte di una trama che ci precede e continuerà dopo di noi e che perciò la nostra esistenza, che ci conduca a realizzare grandi imprese o che si svolga in modo apparentemente nascosto, acquisisce comunque un significato, riconoscendosi come un frammento del vasto arazzo della storia umana.
Secondo l’antropologo Levi-Strauss il mito struttura la realtà, poiché le attribuisce un ordine ed un senso, laddove ci sarebbe soltanto disordine e caos, ma ciascuno di noi ha bisogno di crearsi il proprio “mito” personale e la propria visione del mondo: le storie con cui siamo cresciuti ci aiutano a costruirli.
Nel saggio Sulle Fiabe[5] Tolkien espone teoricamente il valore della narrazione ed in particolare di quella che si serve della fantasia come risposta ad alcuni bisogni fondamentali dell’umanità: Riscoperta, Evasione, Consolazione, per concludere con il diritto alla “subcreazione”,ossia la capacità tipicamente umana di creare miti, fiabe e racconti imitando il Creatore; secondo l’Autore in essi tralucono e baluginano frammenti dell’unica Verità da cui proveniamo e a cui aspiriamo.
Le popolazioni arcaiche hanno fondato la propria esistenza sui miti, ossia sui racconti che hanno per protagonisti gli dei e gli eroi fondatori; le loro gesta compiute in un Tempo Sacro che precede ogni temporalità storica devono essere continuamente rinarrate per far riaccadere quegli eventi e sacralizzare il tempo profano. Ma i bardi, i cantastorie e i grìot trasmettevano ai loro uditori anche un ricco patrimonio di storie umoristiche, fiabe e aneddoti, altrettanto importanti poiché fondativi della comunità, da un punto di vista psicologico oltre che sociale.
Negli ultimi decenni l’uso dei racconti ed in particolare delle fiabe in psicoterapia, ha avuto un notevole sviluppo, non soltanto nella cura dell’infanzia. Molte terapie di matrice junghiana e/o derivanti dalla psicologia umanistica e transpersonale ritengono che la narrativa fantastica costituisca un luogo dove conscio ed inconscio possono incontrarsi; il linguaggio simbolico delle fiabe risveglia l’esperienza individuale e la tramuta in atto spirituale, in una conoscenza della realtà che sappia oltrepassare l’apparenza, La narrativa, e quella fantastica in modo privilegiato, mette in scena gli archetipi, ossia i modelli ancestrali della psiche presenti nell’inconscio collettivo, ed in tal modo sviluppa le possibilità di guarigione della psiche stessa. Inoltre i racconti sviluppano il pensiero simbolico e l’intuizione che ci consentono di immaginare ed essere creativi.
L’Autore della citazione iniziale, Daniel Taylor, nel suo saggio Le storie ci prendono per mano ci ricorda come il più grande desiderio umano sia che la vita abbia un senso: questo desiderio di significato è l’impulso che dà origine a ogni storia; e Clarissa Pinkola Estés , psicoanalista e cantadora, afferma: “alle grandi questioni esistenziali, soprattutto se riguardano il cuore e l’anima,il più delle volte si risponde narrando una storia”[6].

 

“Voi siete le vostre storie. Siete il prodotto di tutte le storie che avete ascoltato e vissuto … Hanno modellato la vostra visione di voi stessi, del mondo e del posto che in esso occupate.”

 

 

BIBLIOGRAFIA

[1]
D.Taylor, Le storie ci prendono per mano,Frassinelli, Milano 1999

[2]
J.R.R.Tolkien,Il Signore degli Anelli, Bompiani Milano 2003

[3]
B.Bettelheim, il Mondo incantato, Feltrinelli Milano1980

[4]
S. De Mari, Il Drago come realtà, Salani, Milano 2007

[5]
J.R.R.Tolkien, Sulle Fiabe, in Albero e foglia, Bompiani, Milano 2004.

[6]
C.Pinkola Estés, storie di Donne selvagge, Sperling & Kupfer, Milano 2008, p.11