Passioni Romantiche | 68
Spudoratamente seducente
di Caterina Costa
“Erika si ritrovò l’uomo talmente vicino da sentire il profumo del suo dopobarba. Doveva ammettere che quello sconosciuto le provocava delle sensazioni talmente forti da farle perdere la lucidità…”
Romanzo breve | pagg. 85 | 06/02/2018 | Romance
SINOSSI
Per Erika, giovane architetto, la vita sembra scorrere lentamente. Il suo unico obiettivo è quello di iniziare una strada lavorativa tale da permetterle di mantenere la madre Stefania, una donna orgogliosa delle due figlie che ha cresciuto da sola, dopo l’abbandono del marito.
Dopo molti sacrifici la primogenita Virginia è diventata un medico, mentre Erika, la piccola peste della famiglia, è un architetto ambizioso e impaziente di dimostrare al mondo le sue capacità.
Erika è per le strade di Firenze a tarda serata, per colpa del suo nuovo lavoro che svolge da soli sei mesi, quando, mentre è ferma a un semaforo, si ritrova uno sconosciuto nell’auto, per di più ferito.
All’inizio si spaventa, ma poi quando capisce di non essere in compagnia di una persona pericolosa, lo aiuta.
Erika si ritrova coinvolta in una relazione appassionante con il ragazzo, Matteo, incuriosita anche dal mistero che lo circonda.
La giovane però deve fare i conti con il destino che mette sulla sua strada un altro bellissimo ragazzo, figlio del suo capo, Luca, completamente diverso da Matteo sia fisicamente che caratterialmente.
Tra i due nasce subito una complicità che ben presto si trasforma in attrazione.
I due confondono le idee di Erika e la portano lontano dagli obiettivi che vuole raggiungere con tutte le sue forze.
Riuscirà Erika a riprendere in mano la sua vita e a scegliere con chi stare tra Matteo e Luca?
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UN ESTRATTO
PRIMO CAPITOLO
– Odio far tardi! – sbottò Erika mentre guardava l’orario sul display dell’auto, notando che segnava le 22.00.
Si trovava in macchina da sola a quell’ora perché, da sei mesi, lavorava in uno studio di architettura e, visto che era l’ultima arrivata, doveva sopportare ed eseguire molti più compiti degli altri.
In realtà il termine lavorare non era esatto, dato che percepiva come compenso meno di quanto spendesse per rifornire di benzina la sua auto.
Dopo la laurea in architettura, conseguita con il massimo dei voti compresa la lode, aveva accettato quel lavoro perché era necessario al suo curriculum; ovviamente il suo obiettivo finale era quello di essere assunta e retribuita come un architetto.
– È già la terza volta in una settimana – disse continuando a parlare da sola. – Questa storia deve necessariamente finire!
L’architetto a cui il titolare dello studio l’aveva assegnata era uno sfruttatore a tutti gli effetti: le faceva svolgere tutto il lavoro difficile, poi alla fine lui vi apponeva la sua firma.
Erika era molto brava e l’uomo lo aveva capito fin dal primo bozzetto che avevano fatto insieme.
Era così sicuro del compito svolto dalla sua assistente-praticante, da non perdere nemmeno tempo a visionarlo, prima di firmarlo, per poi presentarlo al titolare dello studio facendo così una bella figura.
– Ci mancava solo il rosso! – sbottò.
Mentre era ferma, intenta a osservare il semaforo, di colpo la portiera dal lato del passeggero si spalancò e un uomo si catapultò all’interno dell’abitacolo.
Successe tutto così in fretta che Erika quasi non si rese conto dell’accaduto.
– Ehi! – esclamò, costretta a guardare per terra poiché l’uomo si era abbassato confondendosi con il buio. – Tu chi cavolo sei? – gli chiese, mentre lui cercava di stare più nascosto possibile sotto il sedile. – Mi vuoi rispondere? Guarda che mi metto a urlare – lo minacciò, notando solo in quel momento i tre uomini spuntati dal nulla intenti a guardarsi intorno come alla ricerca di qualcuno.
A quel punto lo sconosciuto la supplicò: – Ti prego! Quando il semaforo è verde procedi senza urlare, io non ti voglio fare del male!
– Ma chi sei? – gli domandò con insistenza Erika.
– Ti prometto che appena superi l’angolo scendo dalla tua auto, ma… per favore… ora vai!
Erika lo guardò diritto negli occhi. Ovviamente non lo conosceva, ma qualcosa nel suo sguardo le ispirò fiducia.
Nella sua testa si diede della pazza perché, osservandolo, l’uomo non le sembrava un criminale pericoloso, anzi le dava più l’idea di un cucciolo spaventato.
Senza ribattere fece partire l’auto e, lentamente, superò i tizi che erano fermi sul marciapiede alla sua destra.
Uno di loro vedendola passare sbirciò all’interno dell’auto, ma non intravvedendo nessun altro si disinteressò presto di lei.
Erika cercava di guidare con andatura regolare in modo da non dare nell’occhio, ma appena furono fuori della portata dei tre accostò l’auto e si voltò a guardare lo sconosciuto.
Naturalmente voleva una spiegazione, visto che aveva rischiato per lui.
– Grazie! – fece subito l’uomo ricambiando il suo sguardo.
– Ma che cosa è successo? – gli domandò, incuriosita dalla situazione mentre lo scrutava di sottecchi. Dal modo in cui era vestito, le sembrava di avere davanti uno dei modelli che si vedono apparire sulle riviste o sui cartelloni pubblicitari.
I loro occhi si incrociarono ed Erika si perse in quello sguardo.
– Sei stata davvero gentile ad aiutarmi! – le disse lui con garbo. – Non mi sembra il caso di annoiarti più del dovuto raccontandoti quello che mi è successo, anche perché quei tre potrebbero decidersi a venire da questa parte e non vorrei che se la prendessero anche con te.
Con un movimento incerto tese la mano verso di lei per salutarla. A quel punto Erika si accorse che era sporca.
Senza esitare gli spostò la giacca e vide che la bellissima camicia bianca che portava sotto l’abito scuro era coperta da una macchia e, nonostante non ci fosse molta luce, capì subito che si trattava di sangue.
– Ma tu sei ferito! – esclamò, spaventata da quella scoperta.
– Non ti preoccupare per me, adesso scendo così te ne puoi andare senza problemi.
– Non se ne parla proprio! – rispose Erika con un tono che non ammetteva repliche. – Quella ferita sembra profonda e si potrebbe infettare, mi dispiace ma non ti lascio in queste condizioni. Andiamo all’ospedale.
Senza aggiungere altro fece ripartire l’auto e molto velocemente si avviò in direzione del Pronto Soccorso.
– Aspetta! – disse l’uomo con un filo di voce. Adesso appariva dolorante. – Non voglio che mi porti in ospedale, farebbero troppe domande. – Le sue parole erano smorzate dalla sofferenza, ma cercava comunque di mantenersi lucido. Erika non l’ascoltò: pensava solo a guidare senza distogliere lo sguardo dalla strada.
– Tranquillo, mia sorella è un medico e questa notte è di turno al pronto soccorso, vedrai che ci darà una mano senza fare troppe domande – gli rivelò in tono deciso, preoccupandosi di arrivare il prima possibile in ospedale.
A quel punto lo sconosciuto, completamente privo di forze, si arrese e,mentre la osservava guidare, le disse con un sibilo: – Io mi chiamo Matteo.
– Vorrei dire piacere, ma date le circostanze non mi sembra il caso – rispose lei voltandosi verso di lui. – Comunque, io mi chiamo Erika.
Finalmente Matteo poteva scrutarla per bene, e solo in quell’istante si rese conto di quanto fosse bella. Era così naturale: sul suo viso non c’era traccia di trucco e i suoi lunghi capelli castani sciolti sulle spalle la facevano sembrare una ragazzina ribelle.
Matteo era colpito dalla disinvoltura della ragazza. Quelle che di solito frequentava sembravano tutte uguali, bionde e sofisticate, lei invece aveva l’aria di una persona semplice, decisa e molto pratica.
Dopo qualche minuto arrivarono al pronto soccorso.
Erika lo aiutò a uscire dall’auto e, sorreggendolo, lo accompagnò lungo il corridoio che c’era all’entrata dell’ospedale.
Dopo qualche metro vide sua sorella ferma davanti al banco delle infermiere e subito la chiamò: – Virginia!
– Erika! Ma che cosa è successo? – le chiese la sorella, quando vide che stava trascinando un uomo barcollante.
– Ha bisogno d’aiuto, è ferito!
– Vieni, portiamolo in medicheria – fece Virginia indicandole la strada.
Una volta dentro, la sorella con molta abilità cominciò a prendere l’occorrente per medicare l’uomo.
Erika intanto lo aiutava a togliersi la giacca e la camicia, ormai completamente rovinata perché piena di sangue.
Virginia cominciò a medicarlo lanciandole delle lunghe occhiate, Ed Erika per tutta risposta non faceva che scrollare le spalle.
Finito di sistemargli la ferita, la sorella le fece cenno di uscire dalla stanza e lei la seguì senza dire niente.
– Spiegami che cos’è successo – le disse, appena fuori dalla porta, con tono molto duro, segno che era preoccupata per la situazione.
– Stai calma, l’ho trovato per strada sanguinante – rispose Erika, quasi presa di sorpresa dalla foga della sorella.
– Ti rendi conto che quell’uomo ha una ferita da taglio e che io… sono obbligata a denunciare il fatto alla polizia? – fece Virginia afferrandola per un braccio.
Lei, fissandola negli occhi dopo qualche istante di esitazione, raccolse un po’ di coraggio e le disse: – Sono consapevole di chiederti molto ma… almeno per questa volta … devi fare un’eccezione.
– Lo sai che potrei perdere il lavoro ed essere denunciata? – ribatté Virginia.
– Secondo te non lo so? Ma… dato che si rifiutava di venire al pronto soccorso, io… gli ho promesso che tu… ci avresti aiutato senza chiamare la polizia.
Virginia l’ascoltava con molta pazienza. Di solito cercava di mostrarsi tollerante con lei.
– Sentiamo, secondo te che dovrei fare? – le chiese alla fine.
– Non lo so! Magari puoi affermare che si è ferito saltando un muretto. – Erika disse la prima cosa che le era passata per la testa,
mentre Virginia la guardava incredula.
– Dovrei mentire per uno sconosciuto? – ribatté.
– Andiamo, sorellina! Ho visto bene la ferita e questa giustificazione può sembrare plausibile. …