Supereroi giapponesi e romani

Supereroi

di Aurora Stella

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Ieri come oggi sia la Dc comics che la Marvel, letteralmente ci invadono con i supereroi. Ne abbiamo per tutti i gusti. Dall’Uomo Torcia (un fumino per dirlo alla toscana) all’Uomo di Gomma (uno che gli rimbalza tutto come direbbero a Roma) passando per Lanterna Verde (erede del lampionaio della Cummins) all’Uomo d’acciaio (Superman per gli amici) da, non confondere con Ironman o l’Uomo pipistrello (Batman per gli intimi) e chi più ne ha, più ne metta.
Riuniti in squadre, o singolarmente, ci salvano da ogni sorta di malvagità aliena e terrestre che il nostro scassatissimo mondo offre. Oppure, come nel caso del Dottor Strange, anche di minacce di mondi posti su piani diversi.
Vivono in megalopoli dai nomi evocativi come Metropolis o Gotham City.
Li hanno perfino radunati tutti insieme scomodando le divinità .
Thor e Odino e Loki si sono ritrovati all’improvviso a vivere una seconda giovinezza uscendo dal dimenticatoio in cui le persone li avevano ficcati.
Se poi aggiungiamo anche i robot Giapponesi (da Goldrake a Daltanius passando per Mazinga e Jeeg Robot) ci accorgiamo che non c’è possibilità alcuna che il male riesca a trionfare.
Almeno cinematograficamente.

Goldrake
Goldrake

Immagino una storia dove Deadpool viene ripreso e sospeso dal Professor X mentre tira gli aeroplanini di carta all’Uomo Ragno che prontamente li appiccica al muro con le sue ragnatele mentre Batman svolazza qua e là per far vedere a Wolverine che non teme che i suoi artigli possano logorargli il mantello. Tutto questo mentre Thor si beve una birra e, in preda a una voglia di rissa da bar, molla una mazzata a Superman per vedere se l’uomo d’acciaio può essere ammaccato. Tutto questo ovviamente per conquistare le superdonzelle di turno che, nel frattempo, preparano la supercarbonara galattica da portare sul pianeta Vega che, essendo un pianeta vegano, creperà all’istante liberando per sempre il povero Actarus da ogni rogna. Così potrà sentirsi libero di rubare uno dei componenti di Jeeg Robot. E mentre alcuni di loro giocano a tressette col morto, noi scopriamo che la maggior parte di loro erano persone come noi (almeno lo erano un tempo).
Forse non Clark Kent (che era un alieno) e nemmeno come Bruce Wayne o Tony Stark (ricchi fino allo schifo) ma sicuramente molto Lanterna Verde (Alan Scott) o Peter Parker, che appartengono ai comuni mortali. Come tutte le fiabe che si rispettino, nascono come persone normali (magari sono anche un po’ meschini o psicopatici) ma, dopo varie vicissitudini, accettano il ruolo che il destino gli ha imposto e diventano i salvatori dell’umanità.
E vinsero più o meno tutti felici e contenti.
E poi c’è il supereoe romano.
E poi c’è lo chiamavano Jeeg Robot.

 

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Anche lui è uno qualunque, si imbatte per caso nei superpoteri e poi li usa come li userebbe qualsiasi altro tizio raccattato in mezzo alla strada. Per sistemarsi ( o cercare di farlo) la propria vita.
Sfascia un bancomat e se lo porta a casa.
Alla fine anche lui accetterà il ruolo di supereroe, ma volete mettere la genialità di quel regista Gabriele Mainetti?
Io ho trovato il film pervaso di una realtà pasoliniana che molti di noi hanno dimenticato. Il protagonista che parla del suo passato (neanche troppo lontano , anni 80) dove visita con nostalgia tutte le tappe che lo hanno portato a essere un non-uomo, ma una mezza cartuccia che vive di furterelli nel degrado assoluto di una delle ultime borgate rimaste a Roma: Tor Bella Monaca. Io ho visto le ruspe abbattere nel 1978 l’ultima baracca dell’allora borgata Gordiani (avevo 8 anni) e seppi che quella era la fine di un’era. Lo capii dalla voce rotta di mio padre che in borgata, nelle baracche senza luce o servizi igienici era nato ed era cresciuto. E ne era venuto fuori con l’orgoglio che solo chi ha visto tutte le forme del degrado conosce. Lui era divenuto tutto ciò che in borgata gli avevano insegnato a odiare. Era una guardia. Una guardia alla Tomas Milian prima maniera, quella che come amici aveva i peggiori delinquenti…
E in “lo chiamavano Jeeg Robot, nei ricordi del protagonista, seppur sopraffatto dal degrado, potete rivedere uno scorcio di nostalgia che non esito a definire pasoliniana. Voglio che questo termine si conficchi nelle vostre testoline bacate.
C’è poi la donna di Enzo Ceccotti (nome di una banalità assurda almeno quanto il protagonista) Ogni supereroe ne ha una.
Ma non sono Alessia (non sappiamo nemmeno il cognome): una ragazza brutalizzata dal padre, ossessionata da Jeeg Robot che le serve per sopravvivere a un mondo di abusi. Un nessuno che vive una vita randagia e raminga ai margini di un società “bene”. Un personaggio che nonostante venga sporcato in tutte le maniere rimane di un candore così travolgente da riuscire a cambiare perfino un inetto come Enzo. Lei la povera dolce Alessia che ha un solo momento di felicità quando indossa il vestito da principessa.
E poi c’è Fabio Cannizzaro, il cattivo di turno senza il quale nessun supereroe è tale. Lo zingaro.
Un ladro delinquente da due soldi ma con l’ambizione di Veronica Ciccone. Ecco cosa fa la televisione. Lo avessero lasciato cantare non ci sarebbe stato il film…
Perché faccio il tifo per questo film schifato dal pubblico ma amato dalla critica?
Perché quando vedi che due supereroi si affrontano scagliandosi le tazze del cesso allo stadio Olimpico non puoi che alzarti in piedi e applaudire.
Perché quando il cattivo entra nello stadio deciso a farlo saltare in aria si gira e gli dice “Forza Roma, stronzo!” (battuta buttata là dall’attore per indispettire il protagonista, che nella vita reale è laziale).
Perché il credo di un angelo martoriato che muore dopo una vita infelice riesce a scuotere l’animo di un inetto e a trasformarlo in qualcosa di più grande. E’ pura poesia.
E le brutture di Roma, lo sporco, la delinquenza, tutto lo schifo di cui i borghesi non vogliono parlare passa in secondo piano.
Roma, il mondo continueranno la loro vita. Ma un piccolo eroe dai poteri straordinari, combatterà come potrà per difendere a modo suo tutti quelli che sulla sua strada incontrerà.
E questo, fa di lo chiamavano Jeeg Robot uno dei migliori film sui supereroi che abbiano mai creato.

 

lo chiamavano jeeg robot
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Immagini tratte dal web.

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4 Risposte a “Supereroi giapponesi e romani”

  1. Il film ha una potenza e un’intensità che non mi aspettavo. Tutto meraviglioso: il soggetto, la sceneggiatura, la regia, la recitazione, la fotografia… E poi un cattivo che fa paura per davvero!

    In Italia sentiamo l’influenza di questo genere, ma le botte all’americana non sono proprio nelle nostre corde. Da un’idea di Giorgio Sangiorgi (Editrice Scudo di Bologna) nacque dapprima un libro dedicato ai super eroi nostrani o, perlomeno, europei, e poi, da una collaborazione con la Cyrano Comics di Verona, capitanata dal vulcanico Enrico Nebbioso Martini, un vero e proprio albo a fumetti.
    Io personalmente ho avuto l’onore di veder schierata un’eroina da me creata: Leontyne.

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